Diseguaglianze sociali e territoriali: ricostruire il welfare

TIZIANO TREU

(…). Veniamo da un ventennio di crescita delle diseguaglianze sociali e territoriali all’interno dei paesi ma anche fra loro, e questa crisi, come tutti i momenti di depressione economica, amplifica le diseguaglianze e le linee di conflitto vecchie e nuove, destabilizzando gli equilibri in termini di integrazione sociale e politica (Ferrera).
La crisi ha messo in evidenza una serie di buchi nel nostro sistema di welfare, non solo nelle strutture della sanità e della assistenza, in particolare per gli anziani, ma anche negli istituti di sostegno al reddito, quali i vari tipi di ammortizzatori sociali. Inoltre, è emersa la questione troppo a lungo trascurata della protezione dei lavoratori autonomi e della mancanza di tutele per quei lavoratori che, per le caratteristiche dei loro rapporti di lavoro, dai collaboratori domestici ai lavoratori intermittenti fino alle migliaia di immigrati irregolari, sono esclusi da tutte le protezioni esistenti.

Il governo italiano, come altri, sta rispondendo a queste esigenze di tutela con interventi di sostegno temporaneo, da ultimo con il reddito di emergenza e con provvedimenti volti a favorire la regolarizzazione dei lavoratori operanti nell’economia sommersa. Ma alla fine dell’emergenza sarà necessario superare questi interventi emergenziali in vista di un riordino del sistema. L’emergenza non ha colpito solo i lavoratori, ma le famiglie e le persone, specie le più deboli. La chiusura delle scuole e dei servizi all’infanzia ha aggravato la povertà per molti gruppi sociali. Inoltre, data la tendenziale distribuzione dei ruoli familiari, ha caricato le donne di ulteriori compiti, riducendo di fatto le loro opportunità di lavoro, sia quelle attuali in smart working sia quelle future. Infine, non meno importante, la didattica online ha reso evidente un aspetto spesso rimosso: quello della povertà educativa, in particolare dei bambini: mentre ha supplito in parte alla riduzione dell’attività scolastica, ha drammaticamente aumentato il divario digitale fra classi di reddito e aggravato ulteriormente le difficoltà delle famiglie specie con figli minorenni. Non si tratta solo di diseguaglianze materiali dipendenti dalla disponibilità delle tecnologie, ma di divario nelle competenze proprie e dei familiari necessarie per utilizzare le tecnologie e renderle utili all’apprendimento (Saraceno).

La gravità di questi aspetti dell’emergenza e la necessità di rafforzare gli istituti del welfare sono presenti in molti degli scritti qui pubblicati, che segnalano come l’Italia debba cogliere questa occasione per iniettare nel nostro welfare ancora troppo frammentato una dose di universalismo, anzi di neo universalismo, basato sull’accesso onnicomprensivo a prestazioni e servizi calibrati sulla intensità e sulla tipologia dei bisogni (Ferrera).

Per gli stessi motivi l’aumento dei bisogni a seguito delle crisi ricorrenti dovrebbe affrettare i tempi per attuare il passaggio dal modello di Welfare State ereditato dal passato a un modello più articolato in cui non sia solo lo stato a farsi carico dei bisogni dei cittadini, ma sia l’intera società a prendersi cura del benessere delle persone (Zamagni). Sarebbe un welfare di comunità che coinvolgerebbe non solo soggetti collettivi organizzati ma organizzazioni del terzo settore ed enti locali che garantirebbero sostegni economici e assistenza ai soggetti bisognosi con prestazioni complementari a quelle garantite dal pubblico. (…)

(Testo tratto da Tiziano Treu, “La pandemia, un’occasione per pensare al mondo che verrà” in CNEL, Il Mondo che verrà, 2020)